«L’uomo è ciò che le condizioni gli
permettono di essere. Puoi avere anche molto talento, ma se non hai la
possibilità di metterlo in pratica non puoi emergere».
Basterebbe questa massima a descrivere la saggezza di Michele Mescia. Un
uomo entrato nella leggenda della storia dell’artigianato. Michele Mescia è un
sarto, lo è diventato seguendo una passione che ha sviluppato a partire
dall’adolescenza. Lavora da oltre cinquant’anni a Torino, in un atelier di
via Bertola frequentato da vip e personaggi famosi che lo cercano da
tutto il mondo. Sì, perché le sue mani, quando si mettono al lavoro,
sfornano abiti eleganti e ineguagliabili.
La sua storia incredibile è ora descritta in un libro-intervista del giornalista Emanuele Franzoso, presentato al comune di San Mauro Torinese sabato 22 marzo. L’opera è intitolata “Michele Mescia. ‘U cusetore”. La seconda frase del titolo significa sarto nel dialetto di Orsara, il piccolo paese del foggiano di cui Michele è originario. Se gli si chiede della sua infanzia Michele la racconta con grande affetto “Orsara negli anni Cinquanta era un paese pieno di artigiani. Giocavo in giardino e per strada con gli amici, ma potevo stare ore a guardare i fabbri e I falegnami lavorare e trasformare le cose. Mi affascinavano”.
La sua storia incredibile è ora descritta in un libro-intervista del giornalista Emanuele Franzoso, presentato al comune di San Mauro Torinese sabato 22 marzo. L’opera è intitolata “Michele Mescia. ‘U cusetore”. La seconda frase del titolo significa sarto nel dialetto di Orsara, il piccolo paese del foggiano di cui Michele è originario. Se gli si chiede della sua infanzia Michele la racconta con grande affetto “Orsara negli anni Cinquanta era un paese pieno di artigiani. Giocavo in giardino e per strada con gli amici, ma potevo stare ore a guardare i fabbri e I falegnami lavorare e trasformare le cose. Mi affascinavano”.
Michele approda a Chivasso giovanissimo,
quando I suoi si trasferiscono in Piemonte per ragioni di lavoro. La famiglia
Mescia fa parte delle migliaia di migranti che partirono per le città
industriali del nord Italia. Michele si distingue subito dagli altri. Quando il
padre, vedendolo svogliato a scuola, gli propone di andare a lavorare, Michele
inizia a collaborare in una sartoria di Torino, in piazza San Carlo. Dopo il
primo impatto e le perplessità della famiglia, il ragazzo scopre una vocazione
che neanche sapeva di avere. «L’inizio è stato scioccante. Mi sentivo
incapace rispetto ai miei maestri. Ma ho avuto l’umiltà di capire che dovevo
imparare il mestiere». E i risultati non si fanno attendere. Michele inizia
subito a mostrare il suo talento. Già dopo il primo anno di attività il suo
nome circola negli ambienti della grande sartoria e della Torino che conta.
Il resto viene da sé. Come il premio le “forbici d’oro”, il massimo
riconoscimento per un sarto italiano.
Quando gli si chiede quali siano I
trucchi del mestiere, Mescia sorride e risponde così: «Non ci sono trucchi.
Il principio da seguire, qualsiasi cosa si decida di fare, è questo: ci vuole
molto impegno e l’onestà di dare tutto quello che si può. Non c’é una formula
magica. Ci sono tecnica e manualità. La bravura si acquisisce con ore e ore di
lavoro e dedizione. In più bisogna avere talento». La sua massima sul
vestire è questa: «Non è l’abito che fa il monaco, ma è l’uomo che fa
l’abito». In tutti I sensi.
Oggi i clienti di Mescia sono personaggi
famosissimi. Michele li riceve nel suo studio con grande professionalità, anche
se preferisce quelli che lo “lasciano fare il suo mestiere”, senza intervenire
troppo nelle sue scelte. Michele ama il suo lavoro con una passione infinita, e
per ogni cliente ha dei consigli pratici sul vestire e sulla tradizione della
grande sartoria. Li dispensa come una piccola enciclopedia del buon gusto.
Se gli domandano alcune dritte sul buon vestire, sa subito cosa rispondere: “Mai la cravatta a righe sulla camicia a righe. Il cappotto è elegantissimo per un uomo, anche se purtroppo oggi per andare in auto è scomodo”.
Michele, che veste sempre in maniera impeccabile, non è solo un dispensatore di consigli. Racconta anche alcune chicche per addetti al mestiere, come queste: «Si pensa che il gessato fosse l’abito dei gangsters. In realtà nasce come il vestito di rappresentanza della diplomazia francese. E poi, se vi chiedono un tuxedo, vi stanno parlando dello smoking».
Se gli domandano alcune dritte sul buon vestire, sa subito cosa rispondere: “Mai la cravatta a righe sulla camicia a righe. Il cappotto è elegantissimo per un uomo, anche se purtroppo oggi per andare in auto è scomodo”.
Michele, che veste sempre in maniera impeccabile, non è solo un dispensatore di consigli. Racconta anche alcune chicche per addetti al mestiere, come queste: «Si pensa che il gessato fosse l’abito dei gangsters. In realtà nasce come il vestito di rappresentanza della diplomazia francese. E poi, se vi chiedono un tuxedo, vi stanno parlando dello smoking».
Anche sulla crisi economica italiana
Michele Mescia ha qualcosa da dire: «Quando ho iniziato a fare il sarto,
nascevano catene industriali d’abbigliamento. Solo facendo un prodotto
notevolmente superiore a quelli standard, sono riuscito ad emergere. Oggi c’é
chi mi cerca per un taglio che conoscono in pochi, l’asola lucida. Nel mondo ci
sono problemi molto più importanti dell’asola lucida. Ma credo che se vogliamo
uscire dal pantano economico nel quale siamo sprofondati, noi Italiani dovremmo
tornare a fare questi prodotti d’eccellenza. Solo così ci possiamo salvare».
Scritto da Emanuele Franzoso e curato
graficamente da Nicola Tramonte, il libro su Mescia ha la prefazione di Alain
Elkann.
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