domenica 6 novembre 2011

La raccolta delle olive




E’ questo il periodo per la raccolta delle olive, basta guardare i rami dell’olivo carichi del peso del suo frutto. La gente lascia il suo da fare in Paese e si reca in campagna per la raccolta.
Di conseguenza anche i frantoi hanno già iniziato il loro interminabile lavoro e nell’aria sono molto forti gli odori dell’olio.
Poi la gente non fa altro che parlare e confrontare i suoi quintali di olive e i suoi quintali di olio , per capire se quest’anno la raccolta è andata bene o meno .
Basta fare una proporzione tra i quintali di olive raccolte e i quintali di olio ottenuti, per poi sentire dire : “ a ‘quand’ si sciut’”?
L’olio nuovo , tanto profumato è a casa, ben conservato e ben nascosto, un vero bene di Dio che solo sul pane a bruschetta può darti il massimo e può farti apprezzare il suo gusto, ciò che è diventato ormai un rito.
L’olio è quindi il prodotto finito, ma tutto parte dall’impegno, dal lavoro e dalla cura del contadino verso l’albero dell’olivo.
Innanzitutto volendo conoscere le generalità della pianta, l’olivo è una pianta arborea conosciuta in Europa da millenni.
Consacrata a Minerva Dea della sapienza è il simbolo della pace e della fecondità e la sua coltivazione ha una notevole importanza economica ed alimentare.
Proviene dall’Asia e la sua coltivazione è praticata nei Paesi del bacino mediterraneo, dato che le condizione climatiche ad essa favorevole sono un clima temperato caldo e non molto freddo e ne troppo umido e troppo secco.
L’albero ha una vita secolare e può avere un’altezza che varia dai 6 m ai 12 m.
E’ un sempreverde e dà il frutto già dai primi due anni di vita, ha inoltre grandi capacità di adattamento ed è come pianta poco esigente.
Tra i lavori che il contadino fa durante il corso dell’anno per potersi garantire una buona raccolta , l’operazione di potatura e l’operazione colturali sono quelle indispensabili. La prima consiste in un diradamento dei diversi rami in modo tale da bilanciare l’attività vegetativa per una maggiore produzione , in modo da renderla abbondante e costante (in inverno o all’inizio della primavera ), l’altra consiste nei lavori del terreno, nella concimatura, e nei rimedi antiparassitari ( in principio di autunno, della primavera e dell’estate) .
Dalla metà di novembre ai primi di gennaio subentra la fase di raccolta delle olive.
Ricordo quando ero un bambino di esserci andato per un po’ di anni .
La quantità di olive come tutt’ora variava di anno in anno e da zona a zona.
La raccolta la facevano a mano ed era un vero e proprio avvenimento. Mi piaceva tanto poiché tutta la famiglia si riuniva per darsi una mano visto che comunque non era un lavoro leggero e c’era bisogno di molte braccia per finire prima.
Ci imbottivamo dalla testa ai piedi ,era la prima cosa.
Le cose che portavamo erano dei sacchi per le olive, i secchi, le scale, ricordo “aver’i’ ” fatto da mio nonno (il bastone fatto dall’olmo che serviva per battere sui rami ), “ l c’vert’ “ ,ovvero i teloni che mettevamo sotto l’albero per farci cadere sopra le olive e non poteva mancare “ a scudell’ ”, qualcosa da mangiare.
Gli uomini pensavano ai rami più alti , molto scomodi visto che il tronco non è sempre uniforme ma assume delle forme contorte, loro usavano “aver’ i’ “ con un metodo accurato per evitare che l’albero subisse danni e che le olive venissero troppo ammaccate.
Le donne rimanevano giù , il loro compito era quello di raccogliere le olive dai rami più bassi, di raccogliere quelle che andavano sui teloni e non , e di metterle nei sacchi, magari scartando le foglie.
Dopo la raccolta il passo successivo era quello di aver la fortuna di trovare il frantoio poco affollato, noi andavamo da “U uardianicchij”,oppure dovevi fare la fila e magari rimanerci la notte .
Le olive venivano pesate, svuotate nell’olivaio in attesa di essere macinate e successivamente pressate.
Dopo nel sansaio andava la sansa , lo scarto delle olive e l’olio ottenuto andava a riempire i bidoni.
Questo ciclo era sotto l’attenta osservazione di mio nonno e così di qualsiasi altra persona che era lì al frantoio, con i suoi vestiti macchiati d’olio e sporchi dopo una lunga giornata che non pareva terminare.
Ora come ora le cose sono cambiate , sicuramente ci sarà qualcosa di tecnologico per rendere più sbrigativo il raggiungimento del prodotto finito.
Non ci sarà più la necessità di molte braccia lavorative .
La raccolta qualche tempo fa si faceva a mano, le olive venivano macinate sotto una ruota di pietra. L’olio veniva conservato nelle “sarole”, grossi contenitori realizzati con la creta.
Ancora prima negli anni, possedere un appezzamento di terreno con le piantagioni di olivo non era una cosa accessibile a tutti, ma solo la grande nobiltà aveva questo privilegio.
Le donne che avevano l’ incarico di raccoglier le olive dovevano fare una minuziosa raccolta, senza tralasciarne una, purtroppo per loro dovevano camminare l’intero appezzamento e potevano impiegare giorni.
Non c’erano i frantoi ma l’olio veniva fatto in casa, sfregando le olive su un tipo di grattugia. Possiamo capire che quello che ottenevano non era un olio liquido e limpido come il nostro.
L’olio era ed è una ricchezza e questo dovrebbe forse farci pensare alla superstizione derivante dall’atto di versare l’olio sbadatamente.
Proprio perché era ricchezza non certamente era di buon augurio se andava buttato.

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